sabato 22 settembre 2012

La Farina



Farina è il termine  che raggruppa tutti gli sfarinati, prende nome dal farro appunto perchè questo sembri essere il primo antenato del frumento. Commercialmente per farina s'intende quella di frumento. Per tutti gli altri sfarinati viene specificato il cereale o addirittura il legume.

 La sua storia è antica e risale all'epoca Romana importato dall'Egitto ed è una delle più grandi scoperte alimentari, sopravvivendo al farro che restava il cereale più popolare e diffuso per un lungo periodo storico nelle classi meno abienti, diviene con il tempo la farina più diffusa per gli impieghi principamlente panificatori. A prescindere il ricorrersi di queste due risorse  per il loro fattore nutritivo, la farina è l'ingrediente che simbolicamente da sempre identifica il genere umano.

 E' ottenuta dalla macinazione e conseguente abburattamento (cioè raffinazione), ed è costituita fondamentalmente di amido, con parti minori di proteine, grassi e fibre.


Per ottenere la farina si utilizza la cariosside (chicco) del cereale, privata delle parti più esterne, meno digeribili perchè ricche di cellulosa e lignina inoltre facilmente alterabili per la presenza di grassi. La macinazione vera e propria ha inizio con la rottura della cariosside attraverso una serie di cilindri rigati detti laminatoi; generalmente subisce sei passaggi, dove la farina viene differenziata in base al tasso di abburrattamento più è basso più aumenta il valore commerciale della farina nel caso di una farina di grano tenero 00 che il tasso di abburatto è nullo si ha il maggior valore commerciale ma la minore quantita di nutrienti provenienti dalla cariosside. Buona parte dei nutrienti viene dispersa durante l'abburattamento con le ceneri, ma nella panificazione non sono necessari

A partire dal Grano:


Il pericarpo è la parete che circonda il frutto e ha una funzione protettiva del seme.
Il perisperma (o nucella) è uno strato intermedio, sottilissimo, che protegge l'endosperma; lo icarpo è la parete che circonda il frutto e ha una funzione protettiva del seme; il perisperma (olo strato aleuronico è la parte più ricca di micro- nutrienti (vitamine e minerali)
Dopo il processo di macinazione i cereali contengono ancora la crusca (si parla infatti di farina integrale); è con la fase successiva, nota con il termine tecnico di abburattamento, che la crusca viene quasi del tutto eliminata e si producono i cosidetti sfarinati. In accordo alla legislazione italiana, il livello di abburattamento definisce il tipo di sfarinato: si va dalla farina integrale (più scura, con più crusca), alla farina tipo 00 (più bianca pressocche priva di crusca

Tipo di farina
Tasso di abburattamento
00
50%
0
72%
1
80%
2 (semi integrale)
85%


Alcuni tipi di farine.
Le farine di grano duro sono di colore leggermente giallognolo, più granulose al tatto e sono utilizzate soprattutto per preparare paste alimentari e, limitatamente al meridione, alcuni tipi di pane e pizza (famoso per esempio quello di altamura). Si trovano spesso in vendita con la definizione di "semolato di grano duro" oppure "sfarinato di grano duro".
Quelle di grano tenero, invece, sono di colore bianco, hanno una consistenza quasi "polverosa" e sono sicuramente quelle più usate in pasticceria e nella panificazione.
Anche loro differiscono a secondo del grano da cui vengono estrate; stati uniti, il canada, l'argentina, sono i paesi con i grani teneri di forza più famosi, come "Manitoba", "Plata", etc., le farine di forza sono importantissime nella panificazione, anche se poco conosciute.
Il valore W serve ad indicare la forza della farina.
Con riferimento a questi dati, la farina viene classificato in queste categorie:
  1. Farine deboli – fino a 170 W:
Farine per biscotti, cialde, grissini, piccola pasticceria assaorbono circa il 50 % del loro peso in acqua.
  1. Farine medie – dai 180 ai 260 W
Farine per impasti lievitati che necessitano di una media quantità di acqua (o altri liquidi) come pane francese, all'olioo alcuni tipi di pizza, assorbono dal 55%-65% del loro peso in acqua e sono quelle più usate comunemente in pizzeria.
  1. Farine forti – dai 280 ai 350 W
Farine per impasti lievitati che necessitano di una elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà, brioches, pasticceria lievitata naturalmente e pizza assorbono circa il 65 - 75% del loro peso in acqua
  1. Farine speciali – dai 350 ai 420 W
Farine prodo


Farine per impasti lievitati che necessitano di una media quantità di acqua (o altri liquidi) come pane
francese, all’olio o alcuni tipi di pizza, assorbono dal 55%-65% del loro peso in acqua e sono quelle
più usate comunemente in pizzeria.
3) Farine forti - dai 280 ai 350 W
Farine per impasti lievitati che necessitano di una elevata quantità di acqua (o altri liquidi) come babà,
brioches, pasticceria lievitata naturalmente e pizza assorbono circa il 65% 75% del loro peso in
acqua.
4)Farine Speciali - dai 350 W ai 420 W circa


Nella panificazione, le sostanze che svolgono il ruolo fondamentale sono sicuramente gli enzimi.
Questi si dividono in amilasi e proteasi. Le prime attaccano l’amido della farina e producono l’alimento
fondamentale per i lieviti, le seconde, invece, attaccano il glutine rendendolo più elastico.
Gli zuccheri servono ad alimentare il lievito,facendolo crescere e maturare.
Le proteine più importanti sono di due tipi: solubili e insolubili. Le più importanti - sempre nell'ambito di
un discorso *culinario* - sono la gliandina e la gluteina.
Queste proteine, durante l'impasto, si legano assieme formando il GLUTINE.
Farina di semola: si ricava dalla macinazione del grano duro, può essere fine, media o grossa e viene utilizzata per pochi dolci.
Farina di segale: di colore scuro e di gusto particolare. Viene utilizzata soprattutto per preparare biscotti.
Farina di mais: si usa per torte e biscotti rustici e regionali, quasi sempre mescolata con almeno una parte di farina bianca. Per i dolci di solito si sceglie il tipo macinato finissimo.
Farina povera di glutine: farina poco elastica che non si deforma in cottura, ideale nella preparazione di paste frolle e brisèe. Sono farine apposite in genere indicate come “farina per dolci”.
La farina di forza si utilizza per la lavorazione di pasta lievitata, una pasta di base, con la quale si ottiene il panettone, il pandoro, la colomba, il croissant. Si ottiene da un impasto che viene sottoposto ad un lento processo di fermentazione, la cui durata può protrarsi anche 24 ore come nel caso del panettone. Altre paste di base sono la pasta sfoglia, che si prepara con la farina di forza ed il cui impasto ha la particolarità di essere piegato più volte su se stesso formando delle pieghe
La farina debole si utilizza per la preparazione dei dolci fritti, il cui impasto non viene cotto in forno ma fritto per immersione in olio. Altri utilizzi di questa farina sono per la lavorazione di un'altra pasta di base come la pasta frolla, ideale per la produzione di friabili paste frolle e frollini, biscotteria in genere, che non necessita di lievitazione. Altre paste di base sono la pasta sfoglia, che si prepara con la farina di forza ed il cui impasto ha la particolarità di essere piegato più volte su se stesso formando delle pieghe; il Pan di Spagna, il cui impasto è molto soffice e viene utilizzato per essere farcito con creme; la pasta brisée, il cui impasto è friabile e simile alla pasta frolla; la pasta di mandorle; la pasta "choux", che poi è l'impasto che si utilizza per i bignè e la meringa.
Manitoba: farina ad alto contenuto proteico, ideale per prodotti da forno a lunga lievitazione o come farina rinforzante. Proteine 15% - W400/410 - P/L 0,50
Lievitati: farina ad alto contenuto proteico, specifica per la produzione di prodotti da forno a lunga lievitazione (panettoni, focacce, ecc.). Proteine 15% - W400 - P/L 0,65
Croissant: farina molto equilibrata ideale per a produzione di croissant, bignè, cannoli, pasta sfoglia, ecc. Proteine 12,5% - W300/310 - P/L 0,50
Pan di Spagna: farina specifica per la produzione di pan di Spagna, brioches, sfoglia grassa, krapfen, ecc. Proteine 11,5% - W200/220 - P/L 0,55
Biscotteria: farina a basso contenuto proteico, specifica per la produzione di biscotti, pasticceria secca, pasta frolla, ecc. Proteine 10,5% - W180/190 - P/L 0,50

Il frumento è un cereale autunno – vernino della famiglia delle Graminacee o Poaceae.
Dal punto di vista botanico appartiene al genere Triticum. Oggi in tutto il mondo si
coltiva prevalentemente il Triticum vulgare o sativum, cioè il grano tenero per farina da
pane, ma un tempo erano assai più diffusi il Triticum durum (grano duro), il Triticum
monococcum o farro piccolo, il Triticum dicoccum o grande farro.
La   farina   di   grano   tenero   è   il   prodotto   della
molitura   o   macinazione   delle   cariossidi   (chicchi)
della pianta del frumento.
TIPI DI FARINA
In Italia la farina viene classificata in base il suo contenuto in ceneri, ovvero di minera­
li, che residuano dalla combustione del prodotto. Il contenuto di minerali dipende da
molti fattori, quali la varietà del grano, il terreno, il tipo di fertilizzazione e il clima.
La maggior parte dei minerali che si ritrovano in un chicco di frumento è localizzata nel
germe e nel rivestimento fibroso più esterno, mentre l'endosperma (la parte centrale)
ne è povero.
Una farina meno “raffinata” contiene una maggior quantità
di ceneri. La quantità di ceneri presente in una farina con­
sente una stima del suo tasso di abburattamento, ovvero
di separazione della frazione di endosperma. Con il termi­
ne tasso di abburattamento o resa di macinazione si defi­
nisce la quantità di farina ottenuta da una certa quantità di
grano.
Le   farine   a  minor   tasso   di   abburattamento  (circa
70­75%) e minore contenuto in minerali (ceneri),  che nel­
la classificazione italiana corrispondono al tipo “00”, pro­
vengono dalla parte più interna del chicco, sono più ricche
di amido, ma povere di proteine rispetto a quelle più grez­
ze. Si riconoscono ad occhio nudo per il loro colore: bianco candido perché maggior­
mente epurate dalle scorie, più raffinate
A  maggiore tasso di abburattamento  (circa 80%) che nella classificazione italiana
vengono denominate, “0”, “1”,”2”  corrispondono farine più ricche di minerali e protei­
ne, di colore bianco meno candido, meno raffinate e meno finemente macinate
Quando la percentuale di estrazione arriva al 100% si ottiene la farina integrale, uno
sfarinato che contiene anche la crusca.
Tabella classificazioni farina in base al grado di raffinazione
denominazione
Contenuto in ceneri
Minimo % Massimo %
Contenuto minimo
Proteine %
Farina grano tenero “00” ­ 0,55 9
Farina grano tenero  “0” ­ 0,65 11
Farina grano tenero  “1” ­ 0,8 12
Farina grano tenero  “2” ­ 0,95 12
1,3 1,7 12
Farina integrale di grano tenero
LA FORZA DELLE FARINE
La proprietà più importante della farina è la sua forza, cioè la sua capacità di resistere
nel tempo alla lavorazione, che dipende dalla quantità e qualità delle proteine presenti
nella farina stessa.
Nella farina si trovano due proteine la gliadina e la glutenina. Queste, durante l’impa­
sto, si legano insieme formando il glutine, sostanza che conferisce viscosità, elasticità
e coesione e trattiene i gas della lievitazione. La forza della farina, indicata con il valo­
re “W”, non è presente sulle confezioni che generalmente si trovano in commercio, ma
in linea di massima  a maggior contenuto di proteine corrisponde una maggiore
forza della farina.
Per semplificare: le farine “0”, “1”, “2”, essendo più ricche di proteine rispetto alla “0”,
danno un impasto più elastico e consistente, quindi migliore per la panificazione, ma
richiedono tempi più lunghi di lievitazione.
Utilizzi delle farine in base alla loro forza
Farine deboli   Per biscotti, dolci, grissini, addensante di salse.
                         Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua.
Farine medie Per pasta, pane, pizza.
                Assorbono circa il 55­65% del loro peso in acqua.
Farine forti Per pane, pizza, pasticceria a lunga lievitazione (brioches).
                    Assorbono circa il 65­75% del loro peso in acqua.
Farine speciali  Sono ottenute con grani particolari (Manitoba).
                       Vengono utilizzate in aggiunta alle farine deboli per aumen­
                               tarne la forza. 
Anche il grano viene classificato per categorie di utilizzo (o per classi merceologiche)
in base ad un indice sintetico di qualità (ISQ):
FF: frumenti di forza
FPS: frumenti panificabili superiori
FP: frumenti panificabili
FB: frumenti biscottieri

Farina o farine? PDF Stampa E-mail

Carta d’identità della materiale prima per eccellenzaFarina

Solitamente nell’uso domestico si è abituati a considerare la farina come un ingrediente base “standard”, sempre uguale. I professionisti della panificazione sanno invece molto bene che le farine non sono tutte uguali e che, a seconda delle caratteristiche specifiche come forza, resistenza ed estensibilità all’impasto, sono più o meno adatte ad un determinato impiego e possono determinare il successo o l’insuccesso del prodotto. Vediamo quindi di carpire tutti i segreti di questo essenziale ingrediente analizzandolo in tutte le sue componenti.

La farina si ottiene frantumando in piccolissime parti la cariosside del grano e scartando poi quelle che costituiscono i crescami, o crusche. La legge italiana, in ogni caso, distingue le farine in base al loro contenuto in sali minerali (o ceneri) denominando:
FARINE TIPO “00”,
con contenuto in ceneri inferiore allo 0.50 %
FARINE TIPO “0”,
con contenuto in ceneri fra lo 0.051 % e lo 0.65 %
FARINE TIPO “1”,
con contenuto in ceneri fra lo 0.66 % e lo 0.80 %
FARINE TIPO “2”,
con contenuto in ceneri fra lo 0.81 % e lo 0.95 %


Il tipo di ceneri con più alta percentuale dei precedenti, è denominato farina integrale e ha un contenuto in ceneri compreso fra 1.40 % e 1.60 %. Purtroppo la legge non menziona in nessun modo la qualità panificabile, limitandosi a preservarla da aggiunte d’additivi d’alcun genere. La varietà di prodotti da forno, la molteplicità degli usi locali, e delle diverse esigenze di lavorazione, hanno portato i produttori a studiare diversi tipi di farine, idonee alla produzione di un solo o di una sola categoria di prodotti. Si è giunti alle cosiddette farine su misura.

Esistono così sul mercato farine adatte alla produzione di biscotti frollini e farine per panettoni dolci, farine per pizza, farine rinforzate con grani esteri e farine speciali destinate alla produzione di quei tipi di pane d’ottenimento estremamente difficoltoso, o ancora farine per pasticceria e a ogni tipo di farina corrisponde una diversa qualità.

Empiricamente è difficile riconoscere la qualità di una farina
, comunque al tatto la farina realizzata con grani di forza è meno talcosa, aderisce meglio alle mani e scivola meglio. Facendo un impasto con l’acqua e stirandolo si evidenziano precise indicazioni sulla tenacità, resistenza ed espansione.

Sulla base di quanto appena citato è sempre bene analizzare i dati di laboratorio che ci permettono di meglio conoscere le caratteristiche che la farina presenta.

La sua composizione chimica dipende dalle caratteristiche del grano e dal tipo di macinazione effettuata:

AMIDO (è costituito da idrati di carbonio e rappresenta
la percentuale maggiore del peso della farina)
64 – 71 %
PROTEINE INSOLUBILI (formano nell’impasto il glutine) 8 – 14 %
PROTEINE SOLUBILI IN ACQUA 1 - 2 %
ZUCCHERI (soprattutto saccarosio, glucosio, maltosio) 2 – 4 %
GRASSI (in proporzione diretta al tasso d’estrazione della farina) 1 – 2 %
SOSTANZE MINERALI 0.3 – 0.7 %
ACQUA 12 – 15.5 %












I fattori più importanti che influenzano il comportamento della farina sono: quantità e qualità del glutine (che ha il compito di trattenere i gas della fermentazione) e capacità distasica della farina, che permette di assicurare l’azione del lievito durante la fermentazione. La valutazione di questi due fattori essenziali, oltre al controllo delle caratteristiche richieste dalla legge, può essere fatta con le analisi di laboratorio. Dalle normali analisi di laboratorio si è in grado di estrapolare dati che permettono di individuare le farine sulla base delle caratteristiche presentate:

Umidità: si ottiene calcolando il calo di peso che un campione subisce dopo la permanenza per 5/6 ore in stufa a 105° C.
Ceneri: sono le sostanze minerali presenti nella farina. Si ottengono calcolando la differenza di peso tra una certa quantità di farina e il suo residuo in ceneri, dopo un trattamento termico di 6 ore in una muffola a 550° C. Il contenuto in ceneri delle farine è proporzionale al tasso d’estrazione.
Glutine: è una sostanza più o meno gommosa ed elastica, di colore grigio e di sapore insipido, costituita da proteine insolubili, di grande importanza nella panificazione per la capacità di trattenere i gas della fermentazione. Le due proteine principali che costituiscono il glutine sono: la glutenina (molto stabile) che ha la proprietà di conferire resistenza al glutine e la gliadina (morbida e collosa) che gli conferisce elasticità. Il glutine si estrae da una quantità nota di farina separandolo dall’amido mediante lavaggio con acqua.
La legge 580 prevede valori minimi di glutine secco che vanno dal 7% nel tipo “00”, al 10% nei tipi “1”, “2” e integrale, ma le farine di forza hanno una percentuale di glutine fino al 13-14% o più.


Forza, resistenza ed estensibilità… la farina sotto la lente d’ingrandimento.



Stabilire le qualità reologiche di un impasto è fondamentale per prevedere il comportamento della farina stessa durante la produzione. Per le farine di grano tenero, la metodica attualmente più diffusa in Italia consiste nell’uso dell’alveografo Chopin, un apparecchio che serve sostanzialmente a misurare l’estensibilità di un impasto e la resistenza esercitata durante il periodo di riposo.
Tecnicamente si opera formando un impasto che viene successivamente diviso in piccoli dischi rotondi che, posati su una lastra, vengono sottoposti a pressione e gonfiati fino a raggiungere il punto di rottura. Tutto questo viene riportato su di un grafico dal quale vengono estrapolati alcuni indici che permettono di catalogare poi le farine:
W = area compresa nella linea, rappresenta cioè l’area dell’alveogramma
P = altezza della curva: cioè misura la resistenza allo stiramento
L = lunghezza della curva: corrisponde quindi all’estensibilità

L’alveogramma è sicuramente in stretta correlazione con il contenuto proteico della farina: maggiore è il contenuto proteico, e più alta sarà l’altezza della curva
. Di fondamentale importanza poi è il rapporto tra l’indice P e l’indice L. Una farina che abbia un opportuno rapporto tra la resistenza allo stiramento P e l’estensibilità L produrrà un impasto con il massimo di volume e una struttura interna ben proporzionata. Per le pizzerie un indice equilibrato di P/L è quello compreso tra 0.50 e 0.60 con un ottimale intorno allo 0.55.
L’indice W esprime la forza in spinta verso l’alto della farine ad esempio farine con W 180 (e inferiori) sono farine con scarse attitudini alla panificazione, da destinarsi soprattutto a produzione di prodotti che non necessitano di molta lievitazione (biscotti, cialde, ecc..) se usate in pizzeria presupporrebbero una lievitazione corta (dalle due alle quattro ore) e, pertanto, poco adatte per un prodotto qualitativo.
Farine con W 200 – 240 sono farine equilibrate adatte alla produzione di ottima pasta per il pane. In pizzeria sono impiegate per impasti diretti a media lievitazione (5-8 ore).
Farine con W 280 sono farine rinforzate che vengono impiegate in particolari produzioni da forno lievitati, o come rinforzanti di farine più deboli. Nelle pizzerie in particolare, trovano impiego quando vengono realizzati impasti diretti a lunga lievitazione.
Farine con W superiori a 300 sono farine equilibrate estremamente elastiche nel loro rapporto P/L la cui miscela è composita per la maggioranza di grani di forza provenienti dai mercati americani (Manitoba, north springs ecc..). Hanno ottime attitudini per le lavorazioni di prodotti lievitati e, se usati in pizzeria, trovano un importante impiego nelle lunghe lievitazioni (dalle 12-24-48 ore) in impasti indiretti oppure con metodo polis. Il prodotto che ne deriva è una pizza fragrante dall’ottimo sapore e digeribilità, che si mantiene croccante anche se mangiata da fredda.
Il valore W è quindi un dato di riferimento molto importante per i pizzaioli, anche se ancora in pochi casi viene preso in esame per la scelta della farina, e nemmeno la legislazione considera necessario indicarlo sui sacchi di farina.
Indica il valore dell’energia sviluppabile dall’impasto ed è il parametro più importante fornito dall’alveografo di Chopin perché offre il “dato di forza” di una farina in correlazione con qualità e quantità delle proteine. La durata della prova è 30 minuti, più il tempo di macinazione del grano.
Un W maggiore di 250 titola i grani di forza, che sono usati specialmente come correttivi; W 170–250 comprende i grani di media forza con ottime attitudini alla panificazione; W 130–170, di sufficiente forza per una panificazione normale; W minore di 100 qualifica i grani scadenti, non adatti alla panificazione.
Altro dato importante, come già detto, è il valore P/L che rappresenta il punto di equilibrio tra estensibilità e tenacità dell’impasto delle farine; con un valore di 0.75 la farina è troppo tenace rispetto alla sua estensibilità, per crescere panificabile, viceversa, i valori inferiori a 0.30 denunciano farine poco tenaci e troppo estensibili.
In altre parole, le farine con P/L maggiori a 0.70 e minori a 0.30 possono essere destinate alla panificazione solamente dopo essere state corrette adeguatamente.
Ad esempio, un tipo commerciale di farina panificabile, senza correzioni, dovrebbe avere i seguenti indici: P/L = 0.46 e W = 223.

Infine in base alle caratteristiche degli indici e ai prodotti che si vogliono ottenere con le varie tipologie di farine indichiamo:

FARINE DEBOLISSIME

Più adatto a produrre wafer, biscotti secchi e biscotteria in genere;

FARINE DEBOLI

Generalmente prodotte con grani nazionali, idonee per pane e lavorazioni semplici;

FARINE di MEDIA FORZA

Utili per tutti i tipi di pane normale e pasticceria non lievitata in modo naturale, o per piccole pezzature e, infine, adatte anche per la pizza;

FARINE RINFORZATE E SPECIALI

Idonee per quei tipi di pane a metodologia più complessa, pasticceria di grosse dimensioni, e anche per la pizzeria



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